Tutto è santo, tutto è santo, tutto è santo.
Non c’è niente di naturale nella natura,
ragazzo mio, tienitelo bene in mente.
Quando la natura ti sembrerà naturale,
tutto sarà finito. E comincerà qualcos’altro.

Nel film Medea (1969) Pier Paolo Pasolini affida al centauro Chirone il ruolo della narrazione, rendendolo interprete del suo pensiero di poeta moderno. Nel monologo iniziale tutto è santo è racchiuso il conflitto tra il mondo del sottoproletariato, arcaico e sacrale, privo di classi e appartenenze ideologiche, e quello razionale, laico e neo-capitalista della borghesia; e proprio tutto è santo è la frase scelta per dare il titolo al progetto espositivo con cui tre grandi istituzioni culturali romane – Azienda Speciale Palaexpo, Gallerie Nazionali di Arte Antica, MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo – ricordano Pasolini nel centenario della nascita.

Pier Paolo Pasolini. TUTTO È SANTO – la citazione è riportata intenzionalmente in maiuscolo nelle comunicazioni ufficiali – è un progetto che intreccia discipline, media, opere originali e documenti di archivio secondo tre direttrici autonome, ciascuna specifica per la sua sede espositiva. Tre mostre in una, concepite per potersi integrare e per sollecitare riflessioni inedite sulla produzione pasoliniana e sull’influenza culturale che ha esercitato e continua a esercitare sullo sguardo di chi la osserva dal XXI secolo.

Pier Paolo Pasolini. TUTTO È SANTO è stato concepito e curato collettivamente da Giuseppe Garrera, Cesare Pietroiusti e Clara Tosi Pamphili per il Palazzo delle Esposizioni, da Michele Di Monte e Flaminia Gennari Santori per Palazzo Barberini, e da Hou Hanru, Bartolomeo Pietromarchi e Giulia Ferracci per il MAXXI. Il progetto, che accompagnerà il pubblico romano fino ai primi mesi del 2023, ha come punto di partenza il tema della corporeità, che viene indagato in tre distinte sezioni: il corpo poetico, il corpo veggente, il corpo politico.

La prima mostra a essere inaugurata lo scorso 19 ottobre è stata quella al Palazzo delle EsposizioniIl corpo poetico – seguita la settimana successiva da quella a Palazzo BarberiniIl corpo veggente. Si è fatta attendere un po’ di più la terza e ultima sezione – Il corpo politico – che ha preso avvio questa settimana al MAXXI e potrà essere visitata fino al 12 marzo del prossimo anno.

Pur seguendo tracce differenti e complementari, le mostre godono di una totale autonomia, come dimostra, tra l’altro, la pubblicazione da parte dell’editore 5Continents di tre cataloghi separati.
Il fatto di non aver individuato due sole date, una per l’inaugurazione e l’altra per la conclusione di tutti e tre i progetti è un piccolo ostacolo per il visitatore: pur avendo a disposizione una finestra di circa tre mesi in cui tutte le sezioni saranno visitabili contemporaneamente, il pubblico incontrerà qualche difficoltà nel tenere a mente quando partirà una o si concluderà l’altra. Un calendario più semplice avrebbe aiutato; a questa mancanza si è cercato di rimediare con la grafica della comunicazione, pensata per rendere visivamente l’idea di tre mostre che si passano il testimone nel tempo, ma forse è un espediente un po’ troppo raffinato e di non immediata comprensione. La mostra non prevede inoltre un biglietto unico, ma è stato pensato un sistema di scontistica reciproca tra le diverse sedi.

Al Palazzo delle Esposizioni Pier Paolo Pasolini. TUTTO È SANTO. Il corpo poetico presenta esclusivamente materiali di archivio: una selezione accurata e estesa di fotografie vintage, giornali e riviste dell’epoca, prime edizioni di libri, dattiloscritti, ciclostilati, filmati, dischi e nastri che vanno a comporre un ritratto corporeo e inedito di Pasolini nel nome della santità del reale.

Si tratta di una mostra affascinante e in parte faticosa, perché la quantità di materiale – oltre 700 pezzi – ha bisogno dell’attenzione costante del visitatore mentre la sua scala, prevalentemente minuta, richiede una certa quantità di tempo per osservare e assimilare le informazioni, soprattutto se non si ha grande familiarità con una figura complessa come quella di Pasolini.
Nemmeno sugli elementi più apparentemente ordinari – come una copertina di rivista o una prima pagina di giornale – si può scorrere con leggerezza: la differenza nell’uso del linguaggio degli anni ’70 ricorda prepotentemente al pubblico la distanza che separa il presente da ciò che è stato il XX secolo.


L’allestimento occupa quasi per intero il piano terra della sede di Via Nazionale, diviso in otto sezioni. Alcuni espedienti riescono efficacemente a spezzare la sequenza altrimenti troppo impegnativa dei materiali originali: fra tutti spicca la sezione dedicata ai costumi dei film di Pasolini realizzati da Danilo Donati, co-curata da Olivier Saillard, che li presenta così come si trovano nei magazzini in cui vengono conservati, come testi da consultare e non da indossare. La sala dei costumi può essere percepita come un insieme e indagata nelle sue diverse parti, ed è forse l’unico momento della mostra a proporre al visitatore un’esperienza più istintiva e emozionale.


Altri due costumi, creati da Piero Tosi per Medea e Chirone, sono esposti su manichini in due sale contrapposte, come opere scultoree che non consentono un contatto ma impongono la stessa distanza richiesta dal sacro o dal mito, assumendo il ruolo di custodi dell’inizio (o della fine) del percorso di visita.
Lo spazio della rotonda è invece trasformato in una grande sala di lettura, al centro della quale, su un lungo tavolo, sono disposte numerose edizioni di libri su e di Pier Paolo Pasolini, a disposizione dei visitatori.

Al Palazzo delle Esposizioni la mostra parte dall’assunto che mai un poeta, uno scrittore, un intellettuale, un autore cinematografico, è stato così corpo e incarnazione della parola e si propone di esplorare la figura di Pasolini nella dimensione radicale di autore, sempre vissuta attraverso una fisicità che attraversa il mondo come splendore e tragedia, in un amore estremo per la vita e per la realtà e in una opposizione irriducibile e profetica alla sottomissione dei corpi e dei volti, prima ancora che delle menti, alle convenzioni e alle normalizzazioni omologanti, volte ad annullare le caratteristiche dei singoli e le diverse, sorprendenti e incontrollate, forme dell’eros.

Nel nuovo spazio espositivo di Palazzo Barberini, le Gallerie Nazionali d’Arte Antica hanno declinato il progetto nella forma di Pier Paolo Pasolini. TUTTO È SANTO. Il corpo veggente, esplorando il ruolo determinante della tradizione artistica nella creazione dell’immaginario visivo di Pasolini.
Il percorso di visita è concepito come un montaggio che illustra il potere di sopravvivenza delle immagini e della loro carica espressiva ed emotiva, fino alla loro trasfigurazione attraverso l’obiettivo.


La mostra è suddivisa in sei sezioni, intitolate alle figure del corpo, la cui narrazione è affidata a una sequenza di testi sonori, diffusi discretamente al centro delle sale, in corrispondenza di elementi di seduta: una felice intuizione che lascia l’occhio del visitatore libero di esplorare parallelismi sorprendenti tra opere pittoriche e straordinarie immagini fotografiche, queste ultime prevalentemente in bianco e nero.

Le Gallerie Nazionali non si sono risparmiate, e oltre ad aver fatto convergere sulla mostra capolavori come il San Giovanni Battista della Galleria Corsini e il Narciso di Palazzo Barberini, hanno raccolto dalle proprie collezioni o da prestiti preziosi opere di Valentin de Boulogne, Spadarino, Baciccio e molti altri. Il risultato è una esposizione intensa e emozionante, la più seducente fra le tre mostre del progetto TUTTO È SANTO.

A Palazzo Barberini la mostra intende mettere a fuoco non solo il modo in cui lo scrittore e regista ha deliberatamente attinto a una certa tradizione figurativa, ma anche le forme in cui alcune immagini riemergono nella sua opera, in forza della loro carica espressiva e della loro valenza arcaica, a dispetto della distanza dei contesti storico-culturali. La sopravvivenza di un millenario immaginario collettivo può costituire essa stessa una metafora della travagliata ricerca pasoliniana di una primitività ancora incorrotta, pervasa da un senso di sacralità pre-culturale e pre-istituzionale.

La mostra al MAXXIPier Paolo Pasolini. TUTTO È SANTO. Il corpo politico – che ha preso avvio questa settimana, completa il progetto ponendo in dialogo le opere di 19 artisti e un corpus di oltre 200 documenti riferiti a un singolo anno – il 1975 – scelto non tanto per essere stato l’ultimo vissuto da Pasolini, quanto perché espressione dell’apice della sua scrittura di denuncia verso gli organi del potere contemporaneo – il suo corpo politico, appunto.

Quattro degli artisti in mostra – Maccari, Mauri, Paolini, Pascali – sono contemporanei di Pasolini; gli altri, tra cui Elisabetta Benassi, Jorge Fuembuena Loscertales, Francesco Vezzoli e Marzia Migliora, appartengono a generazioni più recenti; tutti rappresentano in modo nitido l’attualità mai sopita dell’eredità pasoliniana. Tra le opere di maggiore impatto, due atipiche e molto differenti tra loro, entrambe realizzate nel 1975: la ricostruzione dell’installazione di Fabio Mauri Oscuramento, composta di 29 statue di cera in divisa militare intorno a un tavolo a ferro di cavallo con la figura di Mussolini al centro, a ricreare l’ultima seduta del Gran Consiglio del Fascismo del 24 luglio 1943 – quella che sancì la fine del regime – e i tre lampadari deco in vetroresina, legno e plastica creati da Dante Ferretti per il film Salò o le 120 giornate di Sodoma.

La mostra è allestita nella Galleria 3 del museo progettato da Zaha Hadid, uno spazio particolarmente ricco e complesso. I meccanismi spaziali sono chiari e eleganti, con la maggior parte dei materiali di archivio disposta in teche orizzontali in legno chiaro che si accostano alle pareti o alle balaustre in cemento armato del museo. Alcune connessioni tra opere sono forse di non immediata comprensione e esiste una certa sovrapposizione con il meccanismo della mostra al Palazzo delle Esposizioni, ma l’insieme è senz’altro godibile.

Il percorso di visita è per sua natura articolato: la Galleria 3 si avvolge su sé stessa come un nastro di Möbius, con un percorso in ascesa e un altro che gli scorre al di sotto fino a riaffiorare alla quota più alta, nel centro del volume. Lo spazio principale è diviso in tre sezioni a gradoni, pensate per avere allo stesso tempo un’autonomia funzionale e una continuità percettiva, una soluzione che nel corso degli anni la direzione del MAXXI ha mostrato di non apprezzare particolarmente, introducendo modifiche al progetto originale e sostituendo i salti di quota con un collegamento diretto, aggiungendo delle scale. Così facendo, la Galleria 3 ha perso però il suo contatto visivo con la piazza sottostante, sulla quale si affacciava attraverso due asole vetrate, ora tamponate; questo è purtroppo solo uno di tanti piccoli interventi che hanno modificato il museo nel corso dei suoi primi dieci anni di vita e che se non sono riusciti a scalfirne l’unità di progetto, hanno finito però per mortificarne alcuni degli elementi caratterizzanti.

Questo allestimento non fa eccezione, e la natura a gradoni dello spazio viene ancora una volta negata, quasi come se fosse una caratteristica sgradita. L’impressione è che la consapevolezza di quanto il successo del MAXXI deve alla straordinaria qualità architettonica del contenitore si accompagni all’aspirazione ad avere a disposizione un museo più semplice, con spazi meno caratterizzati, anche a costo di essere banali. Tentare di normalizzare un’architettura di Zaha Hadid continua però a essere un’operazione poco intelligente, oltre che poco riuscita.

Tre mostre – tre sedi, e dopo averle visitate tutte ciò che colpisce è il modo in cui ognuna ha sviluppato la propria sezione mettendo in campo le proprie migliori energie, le proprie specifiche competenze, e seguendo la propria vocazione istituzionale.

Al Palazzo delle Esposizioni l’attenzione è concentrata sulla documentazione e, cosa necessaria e significativa nel caso di Pasolini, sul rapporto con la sua città di elezione: il corpo poetico è in definitiva anche una mostra su Roma.

A Palazzo Barberini Il corpo veggente indaga non tanto il rapporto di Pasolini con l’arte quanto quello più complesso con la cultura artistica, partendo dal suo precoce contatto col mondo della figura durante il corso tenuto da Roberto Longhi nel 1940-1941 all’Università di Bologna, che era dedicato alla pittura di Masolino e Masaccio e al quale la mostra dedica una delle prime sale.

Al MAXXI il corpo politico è quello che più di tutti mette in relazione l’opera di Pier Paolo Pasolini col tempo presente: e non è un caso che sia il museo nazionale delle arti del XXI secolo a farsi carico del compito di rendere visibile al visitatore, attraverso quella che è di fatto anche una mostra d’arte contemporanea, ciò che lo storico, amico e collega Roberto Roversi a due giorni dalla morte: Pasolini è vivo.

È impossibile sintetizzare in poche righe la molteplicità di iniziative collaterali, visite guidate, laboratori, incontri, performance, proiezioni, compresa una vera e propria rassegna cinematografica, Pasolini Prossimo Nostro, che nel corso dei prossimi mesi si svolgeranno nelle tre sedi della mostra e in diverse altre istituzioni culturali capitoline.
Tra queste, quelle organizzate dal Mattatoio e dal Museo Macro, gli altri spazi culturali gestiti dall’Azienda Speciale Palaexpo, propongono tre percorsi in dialogo col progetto al Palazzo delle Esposizioni. Al contrario l’interessante mostra su Pasolini Pittore alla Galleria d’Arte Moderna di Roma Capitale (dal 29 ottobre 2022 al 16 aprile 2023), pur rientrando nel programma PPP100-Roma Racconta Pasolini non ha un raccordo, neppure indiretto, col progetto TUTTO È SANTO, e questa è un po’ un’occasione sprecata.

Pasolini continua a essere un magnete inesauribile. Scavando nel suo pensiero, nelle sue opere letterarie e cinematografiche, le
ispirazioni, gli interrogativi e le illuminazioni sono infiniti, e questa mostra ne è una testimonianza viva. Al MAXXI si conclude il progetto espositivo pensato oltre un anno fa con Cesare Pietroiusti, allora Presidente di Palaexpo, Flaminia Gennari Santori e i “nostri” Hou Hanru, Bartolomeo Pietromarchi e Giulia Ferracci. Ed è molto bello omaggiare il grande intellettuale nel centenario della sua nascita con un progetto condiviso, frutto di una generosa collaborazione interistituzionale. Ringrazio tutto il comitato scientifico, che per oltre un anno ha lavorato con passione alle tre mostre. Al MAXXI le opere di 19 artisti contemporanei rievocano l’impegno politico di Pasolini. In un continuo parallelo tra passato e presente, analizzano le trasformazioni sociali e politiche che solo la mente, il cuore e gli occhi di Pasolini potevano cogliere appieno.
Bisogna attingerne a piene mani. Oggi più che mai.

Giovanna Melandri, Presidente FONDAZIONE MAXXI

Pier Paolo Pasolini. TUTTO È SANTO.

  • Il corpo poetico.
    A cura di Giuseppe Garrera, Cesare Pietroiusti, Clara Tosi Pamphili e Olivier Saillard
    .

Dal 19.10.2022 al 26/02/2023 al Palazzo delle Esposizioni
Via Nazionale 194, 00184 Roma
Dal martedì alla domenica dalle 10 alle 20.
L’ingresso è consentito fino a un’ora prima della chiusura.

  • Il corpo veggente.
    A cura di Michele di Monte.

Dal 28.10.2022 al 12/02/2023 alle Gallerie Nazionali d’Arte Antica – Palazzo Barberini
Via delle Quattro Fontane 13, 00184 Roma
Dal martedì alla domenica dalle 10 alle 19. Ultimo ingresso alle ore 18.
Prenotazione consigliata nel fine settimana e nei giorni festivi.

  • Il corpo politico
    A cura di Hou Hanru, Bartolomeo Pietromarchi, Giulia Ferracci.

Dal 16.11.2022 al 12/03/2023 al MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secolo 
Via Guido Reni 4A, 00196 Roma
Dal martedì alla domenica dalle 11 alle 19.
La biglietteria è aperta fino a un’ora prima della chiusura del museo.

Foto: Paolo Olivi @PaoloFM. Per gentile concessione dell’ Azienda Speciale Palaexpo, delle Gallerie Nazionali d’Arte Antica e del MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secolo .