Per raccontare la storia del Museo d’Arte Contemporanea di Roma si deve tornare alla metà degli anni ’80 e alla riconversione dello stabilimento che la Società Birra Peroni aveva costruito a partire all’inizio del XX secolo nell’area di lottizzazione dell’antica Villa Capizzucchi, al di fuori delle Mura Aureliane, nei pressi della Via Salaria.

Il complesso, un raro esempio di archeologia industriale nel cuore della città storica, si compone ancora oggi di tre lotti separati, edificati tra il 1902 e il 1922 intorno all’odierna Piazza Alessandria; la produzione all’interno dello stabilimento termina all’inizio degli anni ’70 e tra il 1978 ed il 1982 viene elaborato un piano di recupero che ne prevede la trasformazione in residenze, uffici, negozi, servizi e parcheggi e la cessione di una porzione dell’area al Comune, per essere destinata a servizi di quartiere.

Sulla facciata in Via Cagliari è ancora presente la scritta “Società Birra Peroni Ghiaccio”

Il lotto oggetto della convenzione col Comune è quello compreso tra via Reggio Emilia, via Nizza e via Cagliari. Vi si trovavano i servizi di supporto alla produzione di birra e ghiaccio, le scuderie e la rimessa dei carri per il servizio cittadino, ospitati in alcuni edifici costruiti su progetto di Gustavo Giovannoni, esempio poco comune per Roma di applicazione dello stile Liberty all’architettura industriale.

Nel 1989 il Comune decide di assegnare questi spazi alla Galleria Comunale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma: da quel momento il complesso sarà interessato da una serie di trasformazioni che hanno riguardato tanto l’architettura quanto l’assetto istituzionale del museo.

La sede del MACRO in Via Reggio Emilia, inaugurata nel 1999

Prima tappa di questo processo è l’apertura al pubblico della nuova sede museale, che viene inaugurata nel 1999 all’interno degli edifici recuperati e ristrutturati in tre anni di lavoro; vi si accede da Via Reggio Emilia, e si compone di due corpi di fabbrica rettangolari, simmetrici, che si affacciano su una corte centrale provvista di una nuova copertura vetrata.

Ma già l’anno successivo il Comune di Roma bandisce un concorso internazionale per l’ampliamento della Galleria: appare infatti necessario dotare il museo di superfici espositive di maggiore dimensione e adeguate all’eterogenea produzione artistica contemporanea, e incrementare l’area dei depositi, insufficienti a ospitare la collezione nella sua interezza. Il concorso è anche l’occasione per adeguare la dotazione di servizi per il pubblico e ripensare il ruolo del museo nel territorio, ridefinendone il rapporto con lo spazio urbano.

La facciata su Via Reggio Emilia, con l’edificio storico progettato da Gustavo Giovannoni

A Roma gli anni del passaggio al XXI secolo sono particolarmente fertili per i concorsi internazionali dedicati all’architettura museale: è il periodo in cui viene avviata l’operazione che porterà alla nascita del MAXXI di Zaha Hadid mentre Diener & Diener progettano il nuovo ampliamento – purtroppo mai realizzato – per la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Valle Giulia.

Gli obiettivi che si pone il programma progettuale per l’ampliamento della sede museale di via Reggio Emilia sono altrettanto ambiziosi. Il concorso viene vinto da Odile Decq con una soluzione che prevede di riutilizzare solo in parte gli altri edifici preesistenti: il suo intervento è radicale, a partire dal ribaltamento dell’accesso, che ora è previsto all’angolo tra via Nizza e via Cagliari.

Il tetto-terrazza dell’ampliamento del MACRO progettato da Odile Decq con il grande murales di Ozmo “Voi Valete più di Molti Passeri”

Il nuovo edificio offre alla città un sistema di nuovi spazi pubblici: il primo, sulla copertura del museo, è una piazza in quota, sulla quale si affaccia anche il nuovo ristorante, pensata per essere raggiunta in modo indipendente e aperta al pubblico anche nei giorni e negli orari in cui il museo non è operativo.

Il secondo è lo spazio accogliente del foyer, una piazza coperta solcata da passerelle sospese, che contiene al suo interno il volume scultoreo dell’auditorium. Intorno al foyer gravitano sia lo spazio espositivo principale che i servizi per il pubblico, il guardaroba, la caffetteria e il bookshop, mentre una gradonata collega l’ampliamento con il museo esistente.

Un terzo spazio, più piccolo e intimo, è un luogo intermedio che si colloca tra il solaio di copertura dell’auditorium e la grande vetrata che illumina l’atrio, sulla quale Decq immagina di far scorrere dell’acqua: una personale rilettura di una fontana romana che avrebbe dovuto avere anche una importante funzione per il controllo climatico degli interni.

Il volume rosso lacca dell’auditorium all’interno del foyer del MACRO

Contemporaneamente e nel corso di pochi anni – l’inaugurazione di quello che nel frattempo assume il nome di MACRO coincide con l’apertura al pubblico del MAXXI, in una straordinaria tre giorni a fine maggio 2010 che vede Roma protagonista assoluta dello scenario internazionale dell’arte e dell’architettura – Decq e Hadid interpretano in modo differente il tema dell’edificio museale e quello del rapporto con la storia, con lo spazio e con la luce della città.

Il MAXXI di Zaha Hadid è un edificio pienamente romano: un’opera simile in tutto a quella che progetterebbe un architetto barocco che si trovasse a lavorare con i materiali e le tecnologie dei nostri giorni.

Il MACRO di Odile Decq ha un approccio differente: è più un oggetto di design che funziona perfettamente nel contesto post-industriale dell’ex Peroni – anche per il ricorso a materiali come l’acciaio e il vetro e all’uso sfacciato dei colori rosso e nero – ma forse meno in sintonia con il carattere di Roma.

Le lampade “Javelots” disegnate da Odile Decq illuminano gli spazi del ristorante del MACRO

Le trasformazioni amministrative e gestionali che hanno interessato il Museo d’Arte Contemporanea di Roma non sono meno complesse di quelle che hanno riguardato l’organismo architettonico del museo.

Nei suoi primi anni di vita il MACRO è parte del sistema dei Musei in Comune della Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali; a questa continua a fare riferimento oggi la sola Galleria d’Arte Moderna di Roma Capitale, con sede in Via Francesco Crispi.

L’ampliamento del museo coincide quindi prima con una ridefinizione della sua missione, che lo porta a focalizzarsi sulla sola arte contemporanea, e qualche anno dopo anche con un cambio di gestione: dal 2018 il MACRO passa all’Azienda Speciale Palaexpo, ente strumentale di Roma Capitale.

Per effetto di questa riorganizzazione anche le attività degli spazi espositivi dell’ex-mattatoio e della Pelanda, conosciuti come MACRO Testaccio, non sono più integrate con quelle della sede di Via Nizza e fanno capo a un nuovo soggetto, il Mattatoio.

Altrettanto significativi sono stati i cambi alla guida del MACRO, la cui direzione artistica è oggi affidata a Luca Lo Pinto, in arrivo dall’esperienza come curatore alla Kunsthalle di Vienna.

A Lo Pinto si deve l’attuale palinsesto, che porta il nome di Museo per l’Immaginazione Preventiva: un progetto articolato, pensato per comporsi per tappe in un periodo di tre anni. Concepito come un puzzle, è composto da tessere immaginate come rubriche di un magazine tridimensionale, all’interno delle quali si susseguono mostre monografiche e collettive, performance, proiezioni, incontri e eventi.

Cinzia says… – vista dell’allestimento

Ognuna di queste rubriche occupa uno spazio fisso all’interno del Museo per l’Immaginazione Preventiva, come la struttura scheletrica di un organismo vivente.

Per la maggior parte, gli spazi del MACRO hanno le caratteristiche tipiche del white cube: ambienti quadrangolari, ciechi e neutri. All’interno del doppio edificio storico della ex-birreria se ne trovano sei: Aritmici, la sala che ospita mostre-laboratorio; Polifonia, che ospita focus monografici ispirati ai metodi dell’improvvisazione musicale; In-Design, dove graphic designer internazionali si raccontano senza limiti di formato; Palestra, il luogo per testare opere d’arte non ancora del tutto compiute; l’universo editoriale cartaceo e digitale di Studio Bibliografico; la sala interamente dedicata all’ascolto di musica sperimentale registrata di Musica da Camera.

Una delle sei sale espositive all’interno del nucleo originario del MACRO

Altri spazi sono fluidi o virtuali, come ci si aspetta da un luogo d’arte contemporaneo: Dispatch è un podcast concepito esclusivamente per il sito del museo, mentre il ricco programma di incontri, presentazioni, interviste, performance e proiezioni prende il nome di Agorà.

La collezione del museo, composta da più di 1.200 opere acquisite a partire dagli anni ’50 di norma non accessibili al pubblico, viene reinterpretata – fotografata e stampata come un gigantesco wallpaper – come lo sfondo e il contesto per i lavori di giovani artisti italiani che vanno gradualmente a riempire lo spazio di Retrofuturo. Appunti per una collezione, situato in uno degli spazi dell’ampliamento progettato da Odile Decq.

Il ballatoio sospeso all’interno del grande spazio espositivo di Solo/Multi

Il grande spazio espositivo al piano terreno della nuova ala ospita invece la programmazione di Solo/Multi, il luogo dove il Museo per l’Immaginazione Preventiva sperimenta nuovi approcci alla mostra come medium.

Si tratta di oltre 1.000 metri quadrati di superficie totalmente privi di sostegni intermedi, connessi sia con il foyer, direttamente, che con il tetto-terrazza, attraverso una vertiginosa passerella metallica sospesa che trafigge il volume della sala, alta oltre dieci metri, con uno scorcio mozzafiato sullo spazio espositivo.

Solo/Multi ospita esposizioni pensate come opere d’arte totali e dedicate a figure che si muovono trasversalmente attraverso le discipline: il paesaggio colorato del Campo di Marte di Nathalie du Pasquier; la scatola nera cinematografica di This isn’t theory. This is history, di Tony Cooks; la grande installazione site-specific Cut a Door in the Wolf di Jason Dodge.

Cinzia says… – vista dell’allestimento

È proprio Solo/Multi ad ospitare, fino al 28 agosto prossimo, Cinzia says… - la prima mostra antologica dedicata a Cinzia Ruggeri (Milano, 1942-2019), una figura irregolare che ha lavorato con assoluta libertà a cavallo tra diverse discipline – moda, arte e design – ridefinendo lo status formale e funzionale degli elementi della quotidianità, dagli abiti agli accessori, dagli arredi alle luci, e lasciando la propria traccia riconoscibile nella cultura pop.

Cinzia says… – vista dell’allestimento

Solo/Multi è il luogo ideale, sia concettualmente che fisicamente, per raccontare un mondo che Cinzia Ruggeri ha disegnato partendo da un immaginario sarcastico, provocatorio, irriverente e raffinato.

A cavallo tra workshop, backstage e catwalk, anche l’allestimento di Cinzia says… sfugge alle classificazioni e cerca di offrire una visione il più possibile completa del percorso di questo talento multiforme e mutaforma grazie a un lavoro di ricerca svolto da Elena Fava (IR.IDE, laboratorio PRIDE.IT, Università Iuav di Venezia) e Laura Salvo (Galleria Federico Vavassori, Milano) in collaborazione con l’Archivio Cinzia Ruggeri.
La mostra si avvale anche del supporto di Nicoletta Fiorucci Russo e di Angus Fiori, erede dell’artista.

Cinzia says… – alcuni oggetti di design, sculture e accessori in mostra

La scelta del titolo – Cinzia says… – gioca con l’incipit del brano Elettrochoc dei Matia Bazar. Per il gruppo musicale Ruggeri ha disegnato abiti e costumi in diverse occasioni, e il suo Omaggio a Levi Strauss, fotografato sulla copertina dell’album Aristocratica (1984), è ora nella collezione del Victoria and Albert Museum.

Cinzia said
vorrei cambiare il mio vestito che
vecchio ormai
non mi sta bene più su

MATIA BAZAAR, Elettrochoc

Disseminati nello spazio, a volte sospesi nel vuoto, gli abiti e gli accessori si alternano a installazioni, ziggurat, reti metalliche, opere e oggetti che lasciano al visitatore il compito di immaginarne le funzioni.
Tutte insieme, queste componenti si assemblano in un paesaggio post-moderno tracciato dalle rapide pennellate di luce rosa dei riflettori in costante movimento.

Ai costumi disegnati per gli spettacoli di Valeria Magli – Schönberg Kabarett, Banana morbide e Banana lumière – e alle collaborazioni con Studio Alchimia e Occhiomagico si affiancano il video Per un vestire organico, l’invenzione dell’“uomo” Cinzio Ruggeri, l’esposizione della Collezione Autunno-Inverno 1986-87 e il video non sfilata.

Una selezione di oltre 150 abiti e accessori dalle collezioni Bloom, Cinzia Ruggeri e Cinzio Ruggeri è stata restaurata e viene esposta per la prima volta dopo l’uscita in passerella negli anni ’70 e ’80.

Cinzia says… presenta anche la ricostruzione di due progetti ambientali: La leggerezza del peso, presentato ad Abitare il Tempo nel 1989, e La règle du jeu? – che aggiunge un punto interrogativo al titolo del film di Jean Renoir – l’ultima mostra allestita da Cinzia Ruggeri pochi mesi prima della sua scomparsa nel 2019.

La règle du jeu?

Il pubblico romano riconoscerà nello spazio di Solo/Multi anche alcune opere iconiche esposte al Palazzo delle Esposizioni dall’ottobre 2020 al luglio 2021 nel corso della prima partecipazione di Cinzia Ruggeri alla Quadriennale d’arte.

FUORI, che non a caso ha in comune con Cinzia says… Gucci quale sponsor principale, si apriva nella rotonda del Palazzo delle Esposizioni proprio con una selezione di suoi lavori, indicando una strada tutta al femminile per l’asse principale della Quadriennale 2020.

Stivali Italia, Abito ziggurat e Mano – tre opere esposte al MACRO già presenti alla Quadriennale d’arte 2020

Un piccolo appunto va fatto alla scelta di utilizzare l’acciaio spazzolato per i pannelli e le targhe illustrative: una soluzione esteticamente accattivante, utilizzata sempre più di frequente anche in altre sedi e diffusa in tutti gli spazi del MACRO, ma che non garantisce la necessaria leggibilità a tutti i visitatori.

È invece un piacere segnalare che l’ingresso all’intero Museo per l’Immaginazione Preventiva è gratuito per tutti.

Gli eventi del public programme, che coinvolge personalità che hanno conosciuto e collaborato con Cinzia Ruggeri, e la pubblicazione di una monografia pensata come cronologia espansa costituiscono ulteriori occasioni di approfondimento della sua figura di artista. Dopo la tappa romana, Cinzia says… sarà esposta a ottobre al Goldsmiths Centre for Contemporary Art di Londra.

  • Cinzia Ruggeri.
    Cinzia says...

Dal 14.04 al 28.08.2022

Al MACRO – Museo di Arte Contemporanea di Roma
Via Nizza 138 / Via Reggio Emilia 54, 00198 Roma

Ingresso libero. Martedì, mercoledì, giovedì e venerdì dalle ore 12.00 alle 19.00, sabato e domenica dalle 10.00 alle 19.00. Ultimo ingresso 30 minuti prima della chiusura.

Foto: Paolo Olivi @PaoloFM. Per gentile concessione dell’Archivio Cinzia Ruggeri (Milano) e del Museo di Arte Contemporanea di Roma.